Il miliardario Nik Storonsky, cofondatore di Revolut, una delle startup più importanti e ricche d’Europa, ha in programma di lanciare un proprio fondo di venture capital, basato sull’intelligenza artificiale, per competere con gli investitori di venture capital “legacy”. Ecco perchà ha deciso di investire, con altri investitori, circa 200 milioni di dollari nel fondo Quantum Light Capital
Nik Storonsky ha già tanta esperienza nel settore, dato che ha raccolto 1,8 miliardi di dollari per dar vita a Revolut, la fintech che a luglio 2021 è stata valutata 33 miliardi di dollari. Inoltre, ha già un’esperienza come trader quantitativo di Lehman Brothers e Credit Suisse nell’utilizzo dell’apprendimento automatico per scovare promettenti startup di serie B e C. Con origini russe, Nik Storonsky ora è cittadino britannico, è convinto che il mondo del venture capital guidato dai contatti e dei club è ormai obsoleto e sta per arrestarsi.
“Sulla base della mia esperienza di imprenditore negli ultimi otto anni, ho trovato il prodotto dei venture capital piuttosto frustrante”, afferma Storonsky, che ha una partecipazione di 7,1 miliardi di dollari in Revolut. “Nei periodi difficili nessuno vuole investire, nei periodi positivi invece tutti vogliono investire. Ciò significa, quindi, che i VC sono piuttosto instabili e c’è qualche elemento di mentalità collettiva”.
Storonsky ha assunto un team di sei data scientist e ingegneri nell’ultimo anno per fare delle ricerche su LinkedIn, documenti aziendali e altri database per scovare e identificare startup in rapida crescita. “Personalmente credo che bisogna avere un modello che non si basi sul giudizio umano”, dice. “Persone diverse hanno opinioni diverse, e di conseguenza si arriva a una mentalità da folla”.
Alcuni fondi di venture capital, come Social Capital negli Stati Uniti e EQT Ventures e Blossom Capital in Europa e nel Regno Unito, utilizzano approcci simili da anni per individuare e monitorare nuovi potenziali investimenti. “Ho intervistato molte persone provenienti da molti fondi e usano semplicemente quello che percepiscono dai dati per identificare i breakout, ma questo non ha nulla a che fare con l’apprendimento automatico”, afferma Storonsky.
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